Sarà inaugurata venerdì 24 novembre nella sede della Galleria di arte antica dei Civici musei, in castello a Udine, la mostra «Pittori del Settecento tra Venezia e Impero», patrocinata dall’Arcidiocesi di Udine e dalla Diocesi di Concordia-Pordenone. La mostra sarà aperta fino a domenica 7 aprile.
La mostra è promossa con il contributo della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, dell’Ente regionale per il Patrimonio culturale (ERPAC) del FVG, del Comune di Udine e dei Civici musei.
Curatori della mostra sono Liliana Cargnelutti, Vania Gransinigh e Alessandro Quinzi.
L’inaugurazione
Venerdì 24 novembre, alle 17.30 nel prestigioso Salone del Parlamento del Castello udinese, avrà luogo il taglio del nastro dell’esposizione. Interverranno: Mario Anzil, vicepresidente della Regione FVG e assessore regionale alla cultura e allo sport; Alberto Felice De Toni, sindaco di Udine; Federico Angelo Pirone, assessore comunale alla cultura; Anna Del Bianco, direttrice dell’ERPAC e direttrice centrale “Cultura e sport” della Regione FVG; Raffaella Sgubin, direttrice del servizio Musei e Archivi storici dell’ERPAC, oltre ai già citati curatori.
La mostra
L’arte non conosce frontiere. Semmai fa di un limite amministrativo, geografico, politico un luogo di incontro e di contaminazioni, un palcoscenico su cui misurarsi alla conquista di nuovi mercati.
“Pittori del Settecento tra Venezia e Impero”, promossa dai Civici Musei di Udine e dai Musei Provinciali di Gorizia, curata da Liliana Cargnelutti, Vania Gransinigh e Alessandro Quinzi, di tutto ciò offre un’affascinante testimonianza. La grande esposizione allestita su due sedi – Castello di Udine dal 25 novembre 2023 e Palazzo Attems Petzenstein a Gorizia dal 14 dicembre 2023 fino al 7 aprile 2024 (unico il catalogo) – mette in luce l’osmosi tra aree storicamente riconducibili a differenti entità statali. Quello che oggi è il Friuli Venezia Giulia fu, sino al 1797, anno della caduta della Serenissima Repubblica di San Marco, terra contesa tra Venezia, che esprimeva il suo dominio sulla “Patria del Friuli”, e l’Impero asburgico che dominava il Goriziano, Trieste e la contigua Slovenia. Lingue, tradizioni, visioni diverse, ma non per gli artisti e la loro arte, uomini e donne che traghettarono i loro originali modi di esprimere l’arte in territori non abituali, trovandoli recettivi.
“Nel ‘700 ad Udine, attorno alla figura geniale di Giambattista Tiepolo che lavorò più volte per una committenza friulana, si mettono in luce altri artisti nativi friulani di che hanno successo proprio a Venezia. Tra di loro Sebastiano Bombelli, Nicola Grassi, Luca Carlevarijs che, pur scegliendo di trasferirsi in Laguna, continuarono a mantenere rapporti di lavoro con la terra d’origine. Altri, veneziani, raggiungono il Friuli per affiancare Tiepolo nel rispondere alle richieste della committenza friulana. Tra loro Gian Antonio Guardi, Giambattista Piazzetta, Gaspare Diziani, Francesco Fontebasso. Le loro opere friulane offrono motivi d’ispirazione per gli artisti locali. Come avviene con Francesco Pavona o Francesco Chiarottini, entrambi attivi lungo i due versanti del confine tra le terre imperiali e veneziane”, anticipa Vania Gransinigh.
La Contea di Gorizia diventa presto uno snodo importante per quegli artisti veneziani che puntano ad affermarsi nelle terre imperiali. Esemplari i casi di Giulio Quaglio o quello della famiglia Pacassi che da Venezia si trasferì dapprima a Gorizia e nel secondo decennio del Settecento, con Giovanni Pacassi e lo scultore Pietro Baratta estese, con successo, l’attività a Vienna. La crescita della città e del suo entroterra, in connessione con il rinnovo architettonico delle chiese in senso post tridentino e barocco, vede verso la metà del secolo l’affermarsi delle botteghe del palmense Pietro Bainville, di Antonio Paroli, di schietta formazione veneziana e di Johann Michael Lichtenreit, bavarese ma goriziano d’adozione. Su questo panorama si stagliano singoli episodi di committenze qualificate. Tra questa fitta trama di rapporti spiccano commissioni importanti: il Conte Sigismondo Attems Petzenstein commissiona al veronese Giambettino Cignaroli per l’altare di famiglia, mentre il conte Livio Lantieri crea una collezione di pastelli di Francesco Pavona. Una moda, quella del pastello, che prese piede dopo la visita in città dell’imperatore Carlo VI nel 1728 quando raggiunse il capoluogo isontino Rosalba Carriera, anch’essa mossa dalla speranza, che si rivelerà fondata, di allacciare i rapporti con l’alta nobiltà viennese. Proprio in quell’occasione ritrasse anche alcuni membri della famiglia Lantieri. Nello stesso periodo, la storia del Friuli veneto fu segnata dall’ascesa sociale di famiglie di recente nobiltà come quella dei Manin, mentre le personalità di Giovanni, Dionisio e Daniele Dolfin nelle vesti di Patriarchi di Aquileia assicurarono, in questo lembo di terraferma veneziana, il consolidarsi di una cultura figurativa di marca prevalentemente veneziana.